Povertà educative: rendere concreto il cambiamento
Non poteva che rilanciare sul futuro, come affermato da Paola Capoleva presidente del CSV Lazio, l’evento finale di Tutti a Scuola e Radici di Comunità, due progetti selezionati dall’Impresa Sociale Con i Bambini, ente gestore del Fondo per il contrasto della povertà educativa, che hanno denominato la fase conclusiva del proprio percorso “Lasciare il testimone al territorio”.
L’Impresa Sociale, con i 14 bandi pubblicati fino a oggi, ha favorito il rilancio delle politiche educative per l’infanzia e l’adolescenza, i due progetti hanno raccolto questa sfida mirando alla sostenibilità futura delle policy educative nei propri territori di intervento, attraverso i Patti di territorio.
La considerazione incornicia la sollecitazione che il Presidente di Con i Bambini, Marco Rossi Doria, ha indirizzato al CSV Lazio, al Cemea del Mezzogiorno e all’intero partenariato dei due progetti, ovvero la necessità di assumere un ruolo politico per rendere concreto il cambiamento. Un’ulteriore sfida, dunque, quella del Presidente di CiB, che ci invita a una corresponsabilità fortissima sulla ricaduta che la pioggia di fondi del PNRR, combinati con i fondi SIE, avrà per la riduzione delle disuguaglianze nel nostro Paese: «Stiamo in una terra di mezzo perché rappresentiamo il legame tra la parte fragile della società e la tenuta di chi la società dovrebbe tenere insieme» e per questo il nostro ruolo politico deve essere giocato bene.
Con i progetti Tutti a Scuola e Radici di Comunità abbiamo affrontato i Patti esattamente con questo spirito, a partire dalle riflessioni sviluppate sul costrutto di “povertà educativa”, ben sapendo che quella definizione avrebbe orientato il nostro agire e l’investimento sul futuro che i progetti hanno voluto fare.
Povertà educative: i Patti di territorio
La stella polare di quella riflessione ha portato dunque alla sottoscrizione dei Patti di territorio, ai Castelli Romani con i Comuni di Albano Laziale, Genzano di Roma e Velletri, e per la Provincia di Latina con i 16 Comuni aderenti e alla firma di un Accordo di rete contro la povertà educativa, che ha riunito molti enti del terzo settore a Roma Sud Ovest.
Per arrivare a questi risultati, abbiamo tenuto presenti: il carattere ereditario del fenomeno, che ci ha segnalato l’inefficacia del welfare sul piano della mobilità sociale; la sua multidimensionalità, che ci suggerito di tenere ferma la necessità di ragionare sulla complessità; l’importanza dell’ambiente nel periodo evolutivo, che ci ha mostrato la prevalenza della dimensione dell’appartenenza. Da questi elementi di analisi abbiamo definito il sistema di rilevanza per circoscrivere le prerogative degli interventi di contrasto: la centralità della dimensione del contesto, la continuità come elemento indispensabile, l’opportunità di una lettura di sistema, l’importanza della dimensione del conflitto tra gli attori del territorio, la rilevanza del coinvolgimento delle istituzioni. Infine, tra gli elementi di metodo: l’indispensabilità di processi partecipativi che comprendano le nuove generazioni come protagoniste reali.
Abbiamo inteso e proposto alle amministrazioni locali i Patti, dunque, come elementi catalizzatori di una pratica “attrezzata” di ascolto del territorio, capace di generare nuove competenze, ruoli inediti e una cultura della collaborazione che presupponesse un apprendimento organizzativo da parte di tutti gli attori coinvolti e la costruzione di una rinnovata fiducia, rivolta sia alla possibilità di un cambiamento, sia ai compagni di viaggio che si uniscano all’avventura.
In questa visione un Patto di territorio rappresenta la cristallizzazione di una nuova speranza nel futuro, in quanto codifica regole condivise, capaci di disegnare una cornice all’interno della quale possa giocarsi il cambiamento dei rapporti tra la Pubblica Amministrazione e il Terzo Settore. Possibilità, quest’ultima, resa concreta dalla Riforma che, attraverso la categoria di “interesse comune” riconosce un cambiamento di status a questo attore. L’orizzontalità dei rapporti è quindi determinante e i Patti devono trovare le formule che ne garantiscano la realizzazione con il passaggio a un regime collaborativo.
Gli strumenti
Per la realizzazione di rapporti orizzontali tra attori, diversi per prerogative e cornici organizzative, i Patti realizzati dai progetti Tutti a Scuola e Radici di Comunità hanno posto molta attenzione a che i dispositivi di implementazione fossero organizzati secondo alcuni criteri. Il primo riguarda le Cabine di Regia che hanno la direzione dell’attività dei Patti e che devono necessariamente rispettare una composizione multiattoriale. Nel dispositivo fondamentale del Patto, dunque, la pubblica amministrazione, le scuole, il terzo settore e le nuove generazioni dovranno, secondo criteri che nei limiti del possibile vengono definiti dai Patti stessi, costruire insieme l’analisi del territorio, la visione delle politiche educative; regolare gli scambi tra tutti gli attori del territorio nella loro pluralità, i tempi e le modalità di allocazione delle risorse. Inoltre, queste decisioni dovranno essere sostenute da processi partecipativi reali, diffusi e continui, come i tavoli ai quali gli attori dovranno trovare possibilità di partecipazione corale. Infine, ma non meno importante, nei Patti è stato inserito il dispositivo della comunicazione pubblica, ovvero un impegno a garantire la visibilità e la risonanza sociale dell’attività del Patto stesso.
L’implementazione di questo sistema di regole presenta numerose criticità, la partecipazione alla Cabina di Regia dovrà avvenire su una base di rappresentanza e questo, per il terzo settore e per le scuole, non è scontato né agevole. I territori dovranno essere animati dalla volontà di continuare a curare i processi, di affinarli e orientarli e anche qui si possono porre numerose domande, una su tutte riguarda la configurazione degli attori che continueranno a dare impulso e valore a quanto sottoscritto da tanti. Ma è proprio qui che si delineano il ruolo politico e la qualità metodologica del Patto, che ne fanno un elemento adatto a curare l’espansione di quel mondo di mezzo di cui ha parlato il Presidente Rossi Doria.
In questo senso, l’affermazione della Presidente del CSV Lazio, Paola Capoleva, che ne assicura l’impegno con le amministrazioni per l’affermazione della co-programmazione e della co-progettazione, in un’ottica di amministrazione condivisa, fa ben sperare a questo riguardo e si rafforza con quanto affermato da Cristina Brugnano. La Presidente del Cemea del Mezzogiorno ribadisce, infatti, il bisogno di un impegno che riguardi anche la consapevolezza di sé e le capacità riflessive del Terzo settore: «Noi partiamo dal presupposto che il lavoro di rete sia nel nostro DNA, ma abbiamo scoperto che c’è bisogno di conoscersi e di scambiare, fare insieme. Abbiamo cercato di superare questa frammentazione del nostro modo associativo. Vediamo nell’infanzia e nell’adolescenza le radici della comunità, serve rilanciare l’dea che il piacere della costruzione collettiva di scenari e pensieri comuni sia impagabile. Costruire le politiche pubbliche e obiettivi comuni è appagante». Progetti che, come ha sottolineato Simone Digennaro, Presidente del Corso di Laurea in Scienze Motorie dell’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale, nel corso dell’implementazione, prendono vita propria e si concretizzano con caratteristiche che superano le aspettative e le volontà di chi li avvia. Ma forse, questa volta, la volontà è stata forte e abbiamo fortemente voluto lasciare queste piste da percorrere per costruire un futuro più a misura delle nuove generazioni, a partire da oggi!
Articolo di Eleonora Di Maggio su “Reti Solidali“