Viterbo con Amore compie vent’anni e fa progetti
Si stanno chiudendo le celebrazioni per il ventesimo anniversario della fondazione di Viterbo con Amore, nata nel 2001 dalla coalizione di diversi enti della Tuscia. Oggi 8 ottobre, alle 17:30 alla Sala degli Almadiani, ci sarà un incontro con Campodimarte Uomini insieme contro la violenza sulle donne, cui parteciperanno anche Francesca Danese, presidente del Forum del Terzo Settore del Lazio e Stefano Ciccone di Maschile Plurale. Domani, sabato 9, giornata intensa: dalle 9:00 fino alle 1700 spazio dedicato alle donazioni per l’ADMO: dalle 15:00 alle 1:00 pomeriggio per i bambini in compagnia dei clown di corsia dell’Associazione Goji VIP; alle 18:00 festa con le musiche da film di Note a Naso Band, un gruppo giovanissimo di Vejano, di 15 elementi, diretti dal Maestro Fabrizio Ravoni; alle 21:00 musica napoletana con la voce di Laura Leo e la chitarra del Maestro Fabio Barili (il programma completo sul sito di Viterbo Con Amore).
Intanto il presidente Domenico Arruzzolo è già impegnato a tracciare il sentiero che guiderà l’ente nel prossimo futuro.
Presidente, qual è il bilancio di due decenni di operato?
«È scontato dire più che positivo? Siamo riusciti a conservare la mission attorno alla quale siamo nati: metterci al servizio delle altre associazioni attivando raccolte fondi.
Attraverso quali iniziative?
«Di solito la nostra stagione inizia con la cena del primo venerdì di ottobre a Canepina, comune di tremila anime a 13 chilometri dal capoluogo, che apre la sagra delle castagne. A seguire il concerto gospel in cui si esibisce ogni anno un gruppo statunitense diverso da quello precedente. Poi c’è “Viterbo Scienza”, la cinque giorni di divulgazione scientifica che coinvolge gli studenti delle scuole elementari, medie e superiori. Spazio ai diversamente abili nelle gare sportive di pesca integrata».
Il vostro cavallo di battaglia però è un altro.
«Sì ed è la Città a Colori, giunta alla sedicesima edizione. Cinquantadue partner riempiono vie e piazze di Viterbo con i loro stand, in una grande manifestazione gratuita del volontariato locale. In tutti questi eventi vendiamo i biglietti della nostra lotteria, con la quale abbiamo sostenuto più di cento progetti».
Ci può fare un esempio?
«Uno tra i più importanti è stato l’acquisto di una bilancia per pesare i diversamente abili del territorio. Prima i famigliari erano costretti a portare i loro cari ai mercati generali, dove vengono utilizzati macchinari particolari. Oggi invece possono recarsi in una farmacia, restituendo dignità ai destinatari del servizio».
Come è cambiato il mondo del no profit in questi tempi?
«Le crisi economiche che si sono succedute negli anni e lo sfibramento degli enti intermedi ha ridotto la quantità delle risorse a disposizione e il numero di persone di buona volontà disposte a mettersi in gioco. La situazione ha reso più spontanea la scelta di operare insieme».
Come siete riusciti a sopravvivere al coronavirus e alle sue conseguenze?
«Siamo stati chiusi solo una settimana e abbiamo chiesto agli iscritti over 65 di interrompere momentaneamente il loro impegno, per non esporli a rischi inutili. Appena possibile abbiamo riaperto il nostro emporio solidale e introdotto l’assistenza domiciliare: grazie al sostegno della Protezione civile abbiamo distribuito trenta pacchi al giorno, direttamente a casa».
Come avete fatto fronte al crollo delle donazioni?
«L’impossibilità di raccogliere beni alimentari di persona ci ha spinto a disporre in otto supermercati carrelli dove i clienti potevano lasciare un pacco di pasta o un litro d’olio: il flusso non solo non si è interrotto, ma ha raggiunto quota dieci quintali di prodotti. Ancora più sorprendente è stata la risposta di organizzazioni e istituzioni. Il Comune di Viterbo ci ha erogato 20 mila euro per assistere le famiglie. Stessa cifra è arrivata dall’Unione Buddista Italiana. La Regione ci ha rimborsato le spese. Inaspettati i 10 mila euro arrivati da una fondazione di Lugano, con la quale non avevamo mai collaborato prima».
Dal 15 ottobre entrerà in vigore l’obbligo del green pass anche per gli attori del Terzo settore. Come avete operato finora?
«Abbiamo già chiesto ai nostri la certificazione verde. Solo una donna ha espresso perplessità in merito ed è stata invitata a prendersi una pausa, finché non provvederà. Ci è dispiaciuto perché è una risorsa essenziale, ma crediamo che noi per primi dobbiamo dare l’esempio in questo periodo così difficile».
Cosa possiamo aspettarci da Viterbo con amore per il futuro?
«L’esperienza della pandemia ci ha insegnato che quella alimentare è solo una faccia della povertà. Vogliamo analizzare i modi più opportuni per intervenire, anche dal punto di vista culturale. La scorsa settimana è partito un doposcuola, nel quale otto bambini sono ospitati presso il nostro emporio. Lì trovano banchi, sedie, tablet, lavagne multimediali e insegnanti disposti a prestare il loro tempo per aiutarli nei compiti a casa».