Maurizio Vannini: CSV Lazio continui ad essere mediatore di relazioni
«Il servizio e la gratuità. Queste due parole hanno innervato tutta la mia vita, in particolare per quanto riguarda l’associazionismo e il volontariato, ma anche in ambito professionale e personale». Maurizio Vannini, vicepresidente del CSV Lazio, traccia così il filo rosso del suo percorso esistenziale. Dirigente industriale, ha lavorato a lungo in aziende riconducibili al gruppo Olivetti. Un’esperienza che lo ha segnato in positivo: «Il fatto di aver operato in Olivetti in particolare è sempre stato un elemento di comune sentire rispetto al modo con cui anche l’azienda può essere un attivatore di territorio, di socialità, di sviluppo umano e sociale. Nel mio agire, anche con le persone che avevo con me, ho costruito percorsi che sono sempre stati eticamente sostenibili, pur nella necessità di dare risposte a strutture orientate al profitto e all’azionariato».
Continuano gli approfondimenti in vista del rinnovo delle cariche del CSV Lazio. In una prima fase, a partire dai presidenti dell’unificazione e attraverso i pareri e le opinioni dei principali stakeholder del CSV, abbiamo voluto dare il quadro di cosa sia oggi il CSV Lazio e quali siano i principali assi strategici della sua azione, le prospettive future, i punti di forza e le criticità. Con Maurizio Vannini prosegue la serie di contributi dedicata ai candidati al nuovo Direttivo CSV Lazio.
Qual è il suo percorso associativo?
«Ho iniziato da giovane. Sono stato in Agesci prima come educatore poi come quadro, locale e nazionale. In seguito ho continuato a operare nell’associazionismo avendo sempre un’attenzione particolare all’impegno nei corpi intermedi, agli elementi che consentono di fare sintesi delle esigenze e dei bisogni in modo da poter dare risposte con azioni concrete. Sono stato fra i partecipanti alla fondazione dell’associazione dei Cristiano-Sociali di cui sono stato a lungo coordinatore regionale. Mi sono sempre dedicato al volontariato sostenendo e affiancando alcune realtà associative fra cui l’AGe romana, Libera, la Rete dei Numeri Pari. Sono nel programma di Sanità Partecipata della Regione Lazio, nel gruppo Oncologico. Da molti anni faccio parte dell’associazione Andrea Tudisco Odv che si occupa di accoglienza dei minori con patologie gravi in cura negli ospedali di eccellenza romani. Nell’Andrea Tudisco sono a fianco della presidente, Fiorella Tosoni, per le relazioni istituzionali. Con lei curo lo sviluppo dell’associazione e, in particolare, una delle cose di cui sono stato portatore è la valorizzazione degli asset immateriali: i valori associativi, il capitale sociale, la visione. Questo anche rendendo ciò che si fa strutturato e quindi determinando la capacità di realizzare azioni che, per come le gestiamo, riescono a diventare buone pratiche, modelli replicabili. Io credo molto nella capacità di operare per un miglioramento continuo delle azioni. Ma anche nello sviluppo delle collaborazioni a rete, e non solo, per dare quel di più oltre alla missione specifica di un’associazione».
Quale esperienza ha avuto del CSV Lazio negli ultimi anni?
«Sono stato vicepresidente di Spes dal 2015 e membro del Consiglio Direttivo dal 2012, poi dal 2019 vicepresidente di CSV Lazio. Far parte del consiglio direttivo di un Csv è importante perché il rapporto si deve fondare su una bidirezionalità. Non si tratta di una rappresentanza ma deve essere una volontà di impegno all’azione comune. La provenienza non conta più, nel momento in cui si fa parte di un organismo sociale si porta un’esperienza ma non si rivendica un’appartenenza. Il rapporto con il Centro è sempre stato proficuo. In questi anni ho contribuito con impegno allo sviluppo e alla generazione di valore e anche di azioni concrete. Per esempio, ho contribuito in maniera significativa alla fusione di Cesv e Spes anche con la capacità di dare una visione di modello e di processo. Essere riusciti a portare a sintesi esperienze anche diverse, quali quelle di Spes e Cesv, individuando un modello comune e condiviso è stata una delle cose più importanti che abbiamo fatto, non solo io ovviamente. Nello specifico, ho ispirato e guidato il processo di innovazione della gestione del nuovo Centro sia per quanto riguarda la governance sia per quanto riguarda la struttura, facendo in modo che si adottasse un modello adattivo e flessibile, in grado di dare le risposte necessarie in un mondo in continua evoluzione. In tutto questo è stato ed è assolutamente centrale essere mediatori di relazioni, sia rispetto all’interno sia rispetto all’esterno. Come sono stati e sono centrali i metodi e i modelli su cui fare leva affinché le azioni che si mettono in campo trovino un’uniformità di risposta nei diversi soggetti e abbiano l’accordo di tutti».
Che opinione ha del CSV Lazio?
«Il CSV Lazio ha concluso una fase importante e lo ha fatto nel migliore dei modi. Abbiamo visto il pieno successo del processo di fusione e degli obiettivi che ci eravamo prefissi, il rinnovamento del modello organizzativo che è diventato partecipato, collaborativo, flessibile e adattivo ai fattori esterni, l’innovazione delle pratiche e delle prassi di governance e gestionali, le sinergie ottenute. Cosa particolarmente importante quest’ultima, perché se ci si unisce a freddo non si liberano energie. E la nostra non è stata una fusione a freddo, legata a fattori esogeni, ma determinata da una volontà politica precisa e quindi abbiamo ottenuto sinergie significative nell’integrazione di tutte le risorse: umane, economiche, strumentali. E se guardiamo all’esterno, possiamo riscontrare il riconoscimento di essere stati il primo Centro che si è configurato per volontà politica come regionale, oltretutto divenendo anche il più grande Centro a livello nazionale. C’è poi il fatto di aver posto in essere una visione dell’azione del CSV Lazio originale, innovativa, come agente di sviluppo territoriale. Ma ci sono pure da rilevare l’ampliamento della partecipazione dell’associazionismo con l’incremento della base sociale e l’azione che ha portato a realizzare il sostegno al processo di amministrazione condivisa con protocolli di intesa, accordi mirati e il sostegno alla Conferenza Regionale del Volontariato».
Quali questioni ritiene prioritarie per il CSV Lazio nei prossimi anni?
«Penso vadano implementate alcune cose. Intanto va sviluppata un’azione politica nei confronti delle istituzioni, per creare le condizioni affinché tutte le associazioni possano collaborare con loro in un’ottica di sussidiarietà vera, di co-programmazione e co-progettazione. Ma occorre anche continuare a essere mediatori di relazioni: per i territori, per le associazioni, per le organizzazioni di rappresentanza a cui il Centro è chiamato in quanto tale. E va sempre di più messa in campo una presenza attiva sul territorio senza dimenticarsi mai dei beneficiari finali. Penso poi anche al mantenimento e miglioramento continuo del modello organizzativo e della non commistione, ma dialettica costruttiva, fra governance e struttura di gestione. Infine, credo sia importante impegnarsi non per la rappresentanza ma per l’azione: non serve che si sia rappresentanti, serve che si agisca per essere rappresentativi. Dal nuovo consiglio direttivo mi aspetto questo tipo di atteggiamento e un impegno significativo in termini di qualità, competenza e anche tempo, per essere a tutti gli effetti a supporto della Presidenza».
Perché ha deciso di ricandidarsi?
«Ho pensato di accettare le sollecitazioni dei diversi soggetti che hanno pensato che fosse importante dare continuità all’azione finora svolta perché il CSV è un “bene comune” di tutti i Volontari e associazioni del Lazio e non solo».
Rimandiamo alle interviste a: Paola Capoleva e Renzo Razzano; Chiara Tommasini; Lorena Micheli; Roberto Giusti; Riccardo Varone.
Le interviste agli altri candidati: Carla Messano, Carlo Quattrocchi , Andreina Ciogli, Danilo Chirico, Vincenzo Carlini
Articolo di Fabrizia Bagozzi su “Reti Solidali“