Donne nello sport: una proposta di legge del Lazio contro le discriminazioni
La prima volta che le donne presero parte ai Giochi Olimpici fu durante la seconda edizione delle Olimpiadi moderne tenutesi a Parigi nel 1.900. Le atlete in gara erano 22 su un totale di 997 partecipanti. Pierre de Coubertine, l’ideatore delle moderne Olimpiadi nonché pedagogista, vedeva nello sport un luogo di promozione delle uguaglianze e un modo per combattere il razzismo. Un luogo che però non contemplava in alcun modo la presenza delle donne nello sport, tant’è che il pedagogista francese considerava lo sport femminile «la cosa più antiestetica che gli occhi umani potessero contemplare» e rimase ostile, per tutta la sua vita, al crescente numero di donne che, negli anni a seguire, avrebbero preso parte alle Olimpiadi.
Ordinaria discriminazione
Nessuno oggi metterebbe mai in discussione la presenza delle donne nelle competizioni sportive, o di affermare che le atlete sono “inadatte” alla pratica sportiva. Eppure, se si osserva il fenomeno più attentamente, si scopre che, per esempio, tra le 44 Federazioni sportive che compongono il Comitato Olimpico Italiano, solo una è presieduta da una donna: Antonella Granata, eletta presidente Figs (Federazione italiana gioco squash) nel marzo 2021. Oppure che, in Italia, le donne che praticano sport, dai 3 anni in su, sono il 27,7%, mentre gli uomini sono il 41,3% (secondo i dati Istat più recenti).
Esistono poi tutta una serie di storie di ordinaria discriminazione che vede le atlete, a vari livelli, subire trattamenti fortemente iniqui. Il caso più recente, ed eclatante, è quello della pallavolista Laura Lugli che, una volta rimasta incinta, si è ritrovata senza l’ultima mensilità pagata, con il “contratto rescisso” e una richiesta danni da parte della società sportiva. Quello della Lugli non è un caso isolato bensì la normalità, in cui atlete, anche di altissimo livello, nonostante siano professioniste vengono inquadrate come dilettanti, sono “assunte” tramite scritture private, e non hanno nessun tipo di tutela o garanzia.
La proposta della Regione Lazio
In Regione Lazio si sta lavorando a una proposta di legge, la n.298, concernente “Disposizioni per la promozione delle pari opportunità” che porta la firma della consigliera Eleonora Mattia. La proposta di legge intende promuovere un profondo cambiamento culturale agendo su tre piani: l’educazione sportiva delle ragazze in ambito scolastico ed extrascolastico; il riconoscimento del valore professionale delle atlete in ambito agonistico e occupazionale; e la formazione professionale e lo sviluppo occupazionale delle donne nel settore dello sport.
A partire dallo scorso anno, la Commissione IX della Regione ha avviato un ciclo di audizioni con la volontà, da parte della Consigliera Mattia, di «costruire questa legge a partire dall’esperienza e dai contributi dei professionisti e delle professioniste del settore, i docenti, gli atleti e le atlete, il mondo delle associazioni.»
Donne nello sport, ma non solo
Tra le associazioni chiamate a esprimere un parere sulla proposta di legge, vi è anche Telefono Rosa. Secondo Maria Gabrielli Carnieri, presidente della storica associazione, va potenziato il ruolo delle associazioni che si occupano di disparità di genere. Infatti, la formazione sul contrasto alle discriminazioni, prevista all’interno della p.l. 298, non può essere relegata solo alle associazioni sportive «perché le associazioni sportive non conoscono in maniera approfondita i vari temi che riguardano stereotipi e pregiudizi, perché non è detto che se si conosce lo sport, si è in grado di valutare gli stereotipi, riportarli e affrontarli. Quello che accade nella società, e che si riflette anche nello sport, va valutato a 360°. La problematica deve essere illustrata come problematica generale: perché c’è solo una donna nel Comitato Olimpico? Perché la donna non ha rappresentanza.»
La legge in questione è una «legge bellissima», continua la presidente, «però non può essere avulsa da tutto il resto della società.» Tra gli aspetti presi in considerazione dalla proposta c’è infatti anche quello dei salari degli atleti. «Quando si parla della parte retributiva», chiosa Carnieri, «si menzionano le “atlete ad alto livello”; la parità, però, deve essere sia in basso che in alto, e a maggior ragione quando gli atleti non sono ad alto livello, devono essere più tutelati.»
L’altro punto che Telefono Rosa vuole precisare è quello relativo al contrasto agli abusi sessuali: «questo non può essere solo a tutela delle ragazze, ma deve essere anche a tutela dei ragazzi. Quando parliamo di parità dobbiamo prendere in esame anche questo aspetto, poiché ragazzi e ragazze sono vittime allo stesso modo».
L’importanza della formazione
Anche per The shadow project, associazione fondata da tre donne fighter, nata con lo scopo di fornire supporto alle donne vittime di violenza attraverso la pratica degli sport di combattimento, la formazione è un aspetto cruciale. Formare insegnanti e creare ambienti dove la discriminazione non sussista è fondamentale, e «bisogna includere anche la figura maschile», specifica Giada Scoccimarro. «Sono gli uomini che per primi si dovrebbero schierate con il genere femminile, perché se non attuiamo una metamorfosi della società intesa complessivamente non si va lontano. C’è la necessità di riscrivere una mentalità collettiva e lo possiamo fare solo se lavoriamo sia sulle donne che sugli uomini.»
Articolo di Lucia Aversano pubblicato su “Reti Solidali“