A Roma sei centri estivi per i bambini ucraini
Sei centri estivi per i minori provenienti dall’Ucraina, in cinque scuole rimaste aperte l’estate e in una parrocchia, ormai attivi da quasi un mese a Roma. È il risultato del progetto Benvenuti a Roma – centri estivi per bambini e ragazzi ucraini dai 6 ai 14 anni, un’importante attività di accoglienza estiva per i minori provenienti dall’Ucraina gestita dal CSV Lazio insieme al Cemea del Mezzogiorno grazie al sostegno della Fondazione Paolo Bulgari, con il patrocinio di Roma Capitale – Assessorato alle Politiche Sociali e alla Salute e con il supporto dell’Assessorato alla Scuola, Formazione e Lavoro. Il progetto è stato presentato ieri, 12 luglio, all’Istituto Comprensivo Gianni Rodari di via Niobe 52 a Roma.
Secondo la protezione civile, il 60% della popolazione ucraina accolta negli alberghi di Roma ha meno di 18 anni. Vuol dire che 6 rifugiati su 10 sono minorenni, 1100 dei 1900 ucraini ospitati nei 21 alberghi messi a disposizione dalla protezione civile sono bambini e ragazzi. È una percentuale altissima. Secondo i dati del Comune di Roma e dell’Ufficio Scolastico Regionale del Lazio, 23 bambini tra i 2 e i 5 anni sono stati inseriti negli asili nido di Roma, 104 bambini nelle scuole dell’infanzia comunali, e 961 bambini nelle scuole statali. Con l’arrivo di giugno e la fine delle scuole, però, questi bambini non hanno più avuto questo importante aiuto. E le loro giornate sono diventate monotone e ripetitive. Per questo il progetto Benvenuti a Roma è molto importante: i bambini hanno trovato un ambiente accogliente in cui socializzare con gli altri e iniziare ad imparare la lingua italiana, tutto attraverso il gioco. Parliamo di 100 bambini, quasi tutti ospiti di alberghi del sistema di accoglienza della Protezione Civile del Lazio e quindi con pochissime opportunità di interazione e quasi nessuno spazio dedicato al gioco. Grazie alla disponibilità delle scuole, che ospitano 5 dei 6 Centri, è stato possibile organizzare in pochi giorni degli spazi in cui – con il supporto degli operatori specializzati del Cemea, dei volontari che già avevano esperienze in attività simili e con i mediatori ucraini – questi bambini hanno potuto vivere dei momenti di socialità, di gioco, di integrazione. In una parola, di normalità. Le scuole che ospitano i bambini sono, oltre all’I.C. Gianni Rodari, l’I.C. Guicciardini plesso Baccarini, in zona Cavour, l’I.C. Via dell’Aeroporto 115, in zona Quadraro, l’I.C. Mozart di via Castel Porziano 516, a Ostia e l’I.C Guido Milanesi di via Tropea, 26, in zona Appia Nuova. Il sesto centro si è attivato qualche giorno dopo gli altri presso la Parrocchia di S. Sofia su richiesta della comunità ucraina che ha messo a disposizione gli spazi idonei alle attività.
Poter essere bambini
«Questo progetto porta i bambini in una situazione di gioco, dove possono stare con altri coetanei», spiega Angela Palmentieri, Dirigente scolastica dell’IC Gianni Rodari. «Comunicano e non stanno sempre davanti a uno schermo. Vivono una vita serena, non devono pensare a cose tristi. È un progetto che dà loro la possibilità di essere bambini». Il senso del progetto Benvenuti a Roma, però, non sta solo nel far passare loro delle belle giornate in questa estate, è anche un modo per guardare avanti. «Se qualcuno di questi bambini rimarrà in Italia, questa esperienza permetterà loro di integrarsi e di capire cos’è la scuola italiana». L’augurio, ovviamente, è che i bambini e le loro famiglie possano tornare presto a casa loro. Ma, in ogni caso, la scuola italiana c’è e una scuola aperta d’estate è qualcosa che in molti, da più parti, auspicano. «Il senso di una scuola aperta d’estate è il senso di una scuola aperta tutto l’anno» spiega Palmentieri, «ma bisogna creare un lavoro di squadra, portare avanti un discorso che consenta di tenere aperte più a lungo le istituzioni, che sono un’ancora di salvezza per i ragazzi».
Un’occasione per sperimentare le alleanze educative di cui si parla da tanto
Si tratta quindi di fare delle alleanze educative: scuola, associazioni, terzo settore, insieme alle amministrazioni pubbliche, possono accogliere. «Questa è un’occasione per sperimentare le famose alleanze educative di cui si parla da tanto tempo», riflette Cristina Brugnano, Presidente del CEMEA del Mezzogiorno e consigliere CSV Lazio. «Costruire queste alleanze con le scuole ci ha permesso di fare questo e i risultati si stanno vedendo. Abbiamo avuto modo di vedere come è capace di accogliere una periferia, che ci sono persone attente alla collaborazione. Parliamo di 5 scuole in 5 zone periferiche, identificate in base alla prossimità con i centri di accoglienza, in cui le collaborazioni stanno andando bene. In quattro settimane di centro estivo abbiamo visto l’entusiasmo di educatori ed educatrici che hanno raccolto questa sfida non facile, perché non c’è stato tanto tempo per organizzarla. Ci sono circa 30 persone che lavorano in queste cinque scuole, mentre ci è stato chiesto di portare questa esperienza a Santa Sofia, il cuore della comunità ucraina. Dove c’è la volontà di portare serenità e fare un intervento serio i risultati di vedono, e ce lo dimostrano i bambini che in questo peridio stanno frequentano i centri estivi. C’è una grande riconoscenza da parte loro e dei genitori».
Una rivoluzione culturale che metta le scuole al centro
Gli assessorati del Comune di Roma, il CSV Lazio, la Rete Scuolemigranti e la Fondazione Paolo Bulgari si sono confrontate e hanno deciso di mettete al centro le scuole: scuole aperte tutta l’estate, scuole aperte nei quartieri di frontiera. «Crediamo che a Roma ci voglia una rivoluzione culturale che metta le scuole al centro del paese» afferma convinto Giulio Cederna della Fondazione Paolo Bulgari. «Nelle scuole romane c’è stato un grande sforzo, la scuola ha fatto la sua parte, spesso con difficoltà: basti pensare che a volte non erano disponibili i mediatori culturali, dei quali questo progetto ha mostrato l’importanza, ma Benvenuti a Roma è stato fatto nelle scuole anche per avvicinare i bambini al sistema scolastico italiano. Sappiamo che tutti vogliono tornare in patria, ma la situazione è questa e dobbiamo capire che a settembre i bambini dovranno andare a scuola».
Una comunità accogliente, una scuola che si fa casa
«Questo progetto può rappresentare un esempio di come possiamo lavorare», ha commentato Barbara Funari, Assessore alle Politiche Sociali e alla Salute di Roma Capitale. «Immaginiamo nei prossimi anni di dare risposte rapide, di metterci al lavoro per trovare le soluzioni. Con gli amici del CSV Lazio ci siamo incontrati per capire come aiutare di più le persone che nei primi giorni sono arrivate a Roma e sono stare ospitate negli alberghi. La domanda è stata: cosa facciamo per questi bambini? Serve un lavoro di squadra, con il sostegno della Fondazione Bulgari. Oggi siamo in una scuola che sta fuori del centro, ma come Roma Capitale la vogliamo mettere al centro, è l’esempio di una comunità accogliente, di scuola che si fa casa, con il sostegno di tante associazioni, di una rete. Grazie a voi abbiamo dato una risposta, con progetti che sono andati incontro, che non hanno chiamato una parte verso il centro della città. Noi continueremo a stare a fianco di questi progetti in tutti i modi possibili», conclude l’assessore, «augurandoci che questa pace arrivi presto per questo popolo ucraino».
Un supporto alla famiglia
Nataliia Kucherenko lavora al progetto come mediatrice culturale per conto del CSV Lazio. Le sue parole sono importanti per capire che cosa sia questo progetto. «Iniziamo a lavorare alle 8 e mezza», racconta. «I bambini sono lì già alle 8 e 10 per iniziare a giocare. Questa sembra una cosa piccola, ma per loro è una cosa grande, che dà continuità, stabilità. Così come è importante per le mamme, per trovare un lavoro, per frequentare un corso di italiano, sapendo che i bambini stanno in un luogo tranquillo. dove imparano e iniziano a parlare italiano. Tutte le mamme sperano di tornare a casa il più presto possibile, ma sono molto grate».
Progetto Benvenuti a Roma: lavorare con il gioco
Abbiamo chiesto a Cristina Brugnano quali accorgimenti e quali criteri, quali attenzioni siano stati studiati per un cento estivo di questo tipo. «Abbiamo fatto una formazione per gli operatori, che sono quasi tutte persone che hanno già lavorato con i rifugiati», ci ha raccontato. «Sono abituati a lavorare in supporto dei docenti di italiano L2, e molti di loro sono a loro volta docenti di italiano L2. La nostra particolarità, come CEMEA, è stata quella di lavorare sul gioco. È chiaro che in questo modo valorizzi una serie di cose che vanno incontro a tutte le sensibilità, ovviamente con alcune accortezze. Le situazioni poi sono molto diverse: i bambini che hanno vissuto situazioni complicate a volte reagiscono autoisolandosi. Quello che le equipe hanno osservato è che certi bambini sono stati lasciati più tranquilli, non sono stati coinvolti subito nel gruppo. Perché non si può spingere un bambino che ha bisogno di tranquillità».
Articolo di Maurizio Ermisino su “Reti Solidali”